Rimbaud, Dalì e D’art-agnan.
Alice guardava la foto, scattata per sbaglio e poi dimenticata. Il viso in ombra che sembrava cercare qualcosa giù in basso. Non riusciva ad intravedere i suoi occhi, specchio dell’anima, ma neanche la sua bocca, riflesso delle parole, e questo la infastidiva terribilmente. Ecco perché nel cuore della notte, aveva incominciato a tormentarlo.
Con il dorso delle mani, gli aveva prima accarezzato insistentemente il viso imberbe, morbido, la pelle tanto bianca, tirandogliela un po’ verso le orecchie.
Poi con l’indice di tutte e due le mani aveva percorso la linea della barba, così accuratamente disegnata e scolpita sulla pelle. Gli aveva passato le sue mani di donna fra i capelli ondulati, pettinati all’indietro, scompigliandoglieli in maniera dispettosa. Gli aveva preso il viso fra le mani e lo aveva baciato dolcemente sulla sua fronte un po’ alta.
Niente da fare. Lui non voleva alzare la testa, così impegnato com’era a guardare per terra. Allora un po’ stizzita, Alice con l’indice ed il pollice della mano destra gli aveva preso il mento, sollevandogli il viso di forza, e così Rimbaud si era trasformato improvvisamente in un Dalì elegante ed ispirato. Ma ancora non ne voleva sapere di guardarla in faccia. Ora scrutava elegantemente in alto, come sopraffatto da nobili pensieri.
Quanta dolcezza in quello sguardo moro. La bocca… poteva finalmente guardargli la bocca, sfiorargli con la sua, le labbra morbide ed umide… Fu così che come un principe che si trasformi in ranocchia lui divenne uno spavaldo D’art-agnan e finalmente si decise a guardarla negli occhi… si era forse finalmente accorto di lei?!